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Uomini e Donne in ambito Stem

Partecipazione femminile in ambito STEM?

Solo il 35% degli studenti universitari in ambito STEM sono donne, ma perchè?

La mancanza di partecipazione femminile in ambito STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) è un problema che affligge il mondo intero. Nonostante le continue campagne per promuovere la diversità di genere in queste discipline, l’indice di partecipazione femminile rimane molto basso.

Secondo un rapporto dell’UNESCO, solo il 35% degli studenti universitari in ambito STEM sono donne e questa percentuale si riduce ulteriormente all’aumentare del livello accademico. Solo il 28% dei ricercatori e degli ingegneri sono donne, con una percentuale ancora più bassa quando si parla di settori specifici come l’informatica e la tecnologia.

Foto di Jeswin Thomas su Unsplash

Ci sono molte ragioni per cui le donne sono sottorappresentate in questi campi. Uno dei principali fattori è la mancanza di modelli femminili. Spesso le ragazze non vedono abbastanza esempi di donne di successo in STEM e questo può impedire loro di perseguire tali carriere.

Quali sono i motivi alla radice di questo divario?

Gli stereotipi di genere possono influenzare la scelta di materia. Spesso si presume che le donne non siano abbastanza “forti” o “intelligenti” per interessarsi a campi tecnici. Questi stereotipi possono essere radicati fin dall’infanzia, dove le ragazze sono spesso esposte a giochi e giocattoli che incoraggiano le abilità sociali piuttosto che quelle tecnologiche.

La cultura maschilista all’interno di queste industrie può rappresentare un ostacolo per le donne che desiderano intraprendere una carriera in STEM. Le donne che lavorano in questi settori spesso si trovano a dover affrontare discriminazioni e pregiudizi di genere, il che può rendere questi campi meno accoglienti per le donne.

C’è anche un divario di genere nella retribuzione, dove le donne in STEM guadagnano meno dei loro colleghi maschi. Inoltre, le donne sono meno rappresentate nelle posizioni di leadership in queste industrie, il che rende ancora più difficile per loro scalare la scala gerarchica e avere un impatto significativo.

Le donne che scelgono le materie STEM che tipo di carriera hanno?

Non bisogna dimenticare che le donne che scelgono di perseguire una carriera in STEM sono talentuose e appassionate. Esistono molte organizzazioni che cercano di aiutare le donne a entrare in questi campi e raggiungere il loro massimo potenziale. Ad esempio, Girls Who Code e Women in Technology International sono due organizzazioni che mirano a incoraggiare e sostenere le donne in ambito STEM.

 

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash

Cosa possiamo fare per incrementare la scelta STEM tra le studentesse?

È importante fare di più per promuovere l’uguaglianza di genere in STEM. Dobbiamo iniziare fin dall’infanzia, incoraggiando le ragazze a sviluppare le loro abilità tecnologiche e fornendo loro modelli femminili di successo da cui trarre ispirazione. Inoltre, dobbiamo lavorare per creare ambienti di lavoro inclusivi e essere accoglienti per le donne, combattere la discriminazione di genere e garantire pari opportunità in termini di retribuzione e progressione di carriera.

Sicuramente la mancanza di partecipazione femminile in ambito STEM è un problema complesso che richiede l’impegno di tutti per essere risolto. Dobbiamo lavorare per promuovere un cambiamento culturale che incoraggi le ragazze a intraprendere carriere in questi campi, fornendo modelli femminili di successo e sostenendo la partecipazione delle donne in tutte le fasi della loro carriera. Solo attraverso l’eliminazione delle barriere di genere potremo raggiungere una vera e propria parità di genere in ambito STEM e sfruttare il potenziale completo di tutte le menti e le abilità.

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L’auto-empowerment femminile come strumento di equità sociale: la storia di Madame C.J. Walker

L’auto-empowerment femminile come strumento di equità sociale: la storia di Madame C.J. Walker

“I endeavour to provide employment to hundreds of women of my race”.

Madame C. J. Walker

L’imprenditrice afroamericana Breedlove, meglio conosciuta come Madame C.J. Walker, fondatrice nel 1910 della Walker Manifacturing Company, rappresenta ancora oggi un esempio per manager ed imprenditori che vogliono promuovere l’equità nei loro luoghi di lavoro.

Foto: Archivi Michael Ochs/Getty Images

Una storia di emancipazione

Figlia di mezzadri della Lousiana, madre e vedova a 20 anni, C.J. Walker è stata lavandaia e cuoca prima di diventare una ricca imprenditrice di successo, con un patrimonio che alla sua morte fu stimato in 600.000 dollari (pari a 6 milioni di dollari di oggi).

Come molte donne, a causa delle precarie condizioni igieniche del tempo, soffriva di caduta dei capelli, per questo sviluppò un proprio shampoo e una pomata ed iniziò a venderli porta a porta insieme al secondo marito.

In seguito sviluppò un modello di business di cui l’equità razziale era parte integrante e che, per questo motivo, contribuì in maniera significativa all’emancipazione delle donne afroamericane.

Tale modello di business si basava su tre elementi fondamentali:

  • Partecipazione;
  • Mobilità;
  • Educazione.

Il modello partecipativo d’impresa

Innanzitutto, Walker ha organizzato la propria impresa secondo un modello partecipativo finalizzato a rendere le sue agenti di vendita, le Walker Agents, delle vere e proprie co-proprietarie.

Ogni agente di vendita, infatti, poteva acquistare i prodotti Walker all’ingrosso e venderli al dettaglio, così da incrementare i propri profitti.

Il successo sul lavoro e l’indipendenza economica ha consentito a queste donne di far sentire la propria voce e renderle consapevoli dei propri diritti.

Foto: Everett Collection, Shutterstock. Fonte: Twitter/Pinterest

La mobilità economica

In secondo luogo, ha intenzionalmente favorito la mobilità economica in quanto convinta che rappresentasse lo strumento migliore per superare le barriere razziali, di genere ed economiche che lei stessa aveva sperimentato e dunque ben conosceva.

Ha costruito veri e propri corridoi di carriera in grado di far progredire la comunità, ad esempio sostenendo le sue agenti nell’avvio di spazi di vendita, finanziandoli completamente o prestando denaro con piani di rateizzazione convenienti.

Ha promosso una cultura solidale basata sull’empatia; questo ha consentito, ad esempio, ad una sua agente che aveva perso tutto in un incendio, di ricevere un contratto, l’autorizzazione a vendere per conto dell’azienda ed un piano di pagamento per acquistare nuovi prodotti nonostante le perdite che aveva subìto.

L’importanza della formazione

Infine ha finanziato e promosso opportunità educative per i dipendenti, in un momento storico in cui le leggi costruivano un sistema di caste razziali che negava agli afroamericani l’accesso all’istruzione.

Le scuole di bellezza e i corsi erano sia occasioni di formazione che strumento per creare professioniste del mercato del beauty; avere un diploma ed una certificazione da una scuola Walker significava spezzare le catene del lavoro umile e conquistare la libertà economica.

Foto: Collection of the Smithsonian National Museum of African American History & Culture

Le partnership con college ed istituti tecnici hanno spinto le istituzioni a creare laboratori per insegnare il programma Walker, con vantaggi per gli stessi college, le donne e la comunità tutta.

La formazione ha reso le donne afroamericane più sicure di sé ed ha promosso l’attivismo.

Walker ha stabilito una norma aziendale che organizzava le agenti di vendita in sezioni locali sotto un’associazione nazionale, così da legittimare la cultura della bellezza come professione, rafforzare i legami tra le agenti e incentivare le opere di beneficenza e di difesa della comunità.

L’eredità di Madame C.J. Walker

Walker credeva che l’impatto sociale generato avrebbe creato un’eredità al di là del business ed in effetti è stato così: i suoi valori e il suo marchio continuano a vivere dopo un secolo dalla sua morte.

Nel 2013 la società di bellezza Sundial Brands ha acquisito le linee di prodotti di Madam C.J. Walker e ne ha lanciato la distribuzione a Sephora.

Nel 2015 la Sundial ha ottenuto la certificazione B-Corporation, rendendo Sundial e il marchio Walker parte di una comunità imprenditoriale che lavora per ridurre la disuguaglianza e la povertà e costruire comunità più forti.

Infine, nel 2017, la vendita di Sundial a Unilever ha dato vita alla New Voices Foundation, che promuove la parità di genere e l’imprenditorialità femminile anche con programmi formativi.

La ex tenuta di Walker sul fiume Hudson, trasformata in un centro di formazione, accoglie i borsisti della fondazione che a loro volta promuovono l’equità attraverso il proprio lavoro.

“Using business as a force for good”

Nel 1932 il celebre giurista americano E.M. Dodd affermava: “(…) business is permitted and encouraged by the law primarily because it is of service to the community rather than because it is a source of profit to its owners” (Harvard Law Review).

Ci sono voluti quasi 80 anni per veder nascere negli Stati Uniti, nel 2010, le Benefit Corporation (B-Corporate) come forma giuridica; qualche anno in più affinché diventassero una realtà anche in Italia, dove oggi se ne contano più di 500, secondo “Società Benefit”, un sito di informazione sulle Società Benefit curato da B Lab e AssoBenefit.

Impegnandosi concretamente a generare un impatto positivo sulle persone e sull’ambiente, le B-Corporate rappresentano una vera e propria rivoluzione etica nel mondo del business.

E noi non possiamo fare a meno di pensare all’impulso che è riuscita a dare a questa rivoluzione una giovane donna di umili origini della Louisiana, con la straordinaria forza di una semplice convinzione: “My object in life is not simple to make money for myself ”.

Per approfondire:

  • Il libro Madam C. J. Walker’s Gospel of Giving: Black Women’s Philanthropy During Jim Crow” di Tyrone McKinley Freeman disponibile qui.
  • La serie “Self-Made: la vita di Madame C.J. Walker”.